Cristina Finazzi di Spazio Blu ascoltata in commissione alla Camera: “Riconoscete il ruolo del care giver familiare”
La portavoce lombarda di Uniti per l’Autismo ha spiegato perché la legge in discussione deve considerare solo la figura dei famigliari di persone con disabilità che li rendono per sempre bambini
Dare un riconoscimento dignitoso e istituzionale alle figure dei care giver familiari. Un segnale culturale per metterere fine alla solitudine di quanti, soprattutto donne e mamme, vengono assorbiti totalmente dalla gestione del figlio o figlia con disabilità cognitiva che li rende minori per sempre.
Il Care giver condivide ogni attimo di vita di chi ha una disabilità
Le associazione dei parenti di persone con disabilità portano avanti una battaglia per il riconoscimento sociale del loro ruolo, una figura specifica che riguarda chi “vive costantemente e condivide ogni attimo della vita di chi ha una disabilità invalidante”
Recentemente, Cristina Finazzi, in qualità di presidente dell’associazione Spazio Blu autismo Varese e di portavoce per la Lombardia di Uniti per l’autismo, è stata invitata in Commissione Affari sociali della Camera, nell’ambito dell’esame, in sede referente, delle proposte di legge recanti “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di assistenza e di cura svolta dal caregiver familiare”.
Il care giver non è un assistente qualsiasi
Cristina Finazzi ha ricordato il ruolo del care viver famigliare, che non può essere paragonato a qualsiasi altro assistente. È un impegno continuo, costante: si vive in simbiosi proprio perchè la disabilità toglie i diritti di scelta e di giudizio: « I care giver familiari sono, nella stragrande maggioranza, donne, madri, affrontano il peso e la complessità della convivenza con il proprio congiunto con disabilità, di cui assumono la responsabilità della condizione della conduzione della vita e quindi della cura, in senso globale. La convivenza è una condizione particolare che ti fa condividere spazi, tempi, rumori, odori della vita quotidiana – ha spiegato Cristina Finazzi – Viviamo senza via di fuga. Per questo, sentir parlare di un allargamento della platea anche a chi non è convivente fa presupporre che si sta discutendo di un concetto meramente utilitaristico del nostro esistere ed agire».
Il care giver perde indipendenza economica e libertà di azione
La presidente di Spazio Blu Varese era un’imprenditrice. Amava il suo lavoro e si dedicava con passione. Con la nascita del figlio e la gestione dei suoi disturbi cognitivi ha dovuto modificare radicalmente la sua vita e cambiare aspettative, obiettivi e sogni: « La complessità e la numerosità delle cose da affrontare e la necessità di una presenza continua per comprendere, valutare e operare scelte sulla sua vita e sulla sua crescita, il dovere di interfacciarsi con i professionisti e valutare i servizi, gestirli e metterli a sistema, data l’incapacità di mio figlio di fornire il proprio apporto puntuale verbale e consapevole, mi hanno costretto ad abbandonare il mio lavoro, a chiudere la mia società e a riparare in una condizione di dipendenza economica da mio marito in primis e in quella dei miei genitori pensionati poi, cosa che certo non era nella mia indole».
Il cambio di passo culturale
La condizione di tanti genitori, incontrati nel suo cammino, hanno convinto Cristina Finazzi a mettersi in gioco per sostenere un cambio di passo, innanzitutto culturale, nel riconoscimento della figura del care viver famigliare: « Questa consapevolezza ci porta con forza a chiedere a codesto Parlamento di non avere remore né timori nel delineare la platea dei caregiver familiari, oggetto e destinatario della redigenda norma, secondo due criteri per me irrinunciabili: il primo è la convivenza e il secondo la presenza di una disabilità, dettata dalla compromissione della sfera cognitiva intellettivo relazionale del neurosviluppo, che, ai sensi del vigente ordinamento, li renderà per sempre bambini».
Un riconoscimento economico che non sarà uno stipendio
«La necessità di un budget economico mensile diretto al caregiver familiare – ha proseguito Finazzi – non può certo rappresentare un sostegno al reddito, né tantomeno la possibilità di essere assunti dal proprio congiunto con disabilità, anche perchè, vista la natura dei soggetti minori, aprirebbe a strade e a forme di abuso. Ma deve essere un riconoscimento economico che esprima e valorizzi il ruolo sociale del territorio»
«Ci battiamo per imporre questo cambio di paradigma culturale che vede, in noi, una frangia di popolazione che non vuole rinunciare al proprio ruolo, ma vuole essere sostenuta e riconosciuta perché ricopre un ruolo sociale e deve essere considerata parte di questa società, non dimenticata, sminuita o lasciata a margine».
La normativa in discussione è supportata da due forze politiche opposte tra loro e questo fa ben sperare chi, come Cristina Finazzi, domani, con l’inizio dell’anno scolastico, si troverà di nuovo a lottare per i diritti di suoi figlio: « A due giorni dall’inizio della scuola ci hanno chiamato per presentare a nostro figlio i due insegnanti di sostegno che non hanno specializzazione. Dal Comune solo silenzio: non so ancora se e quante ore saranno garantite».
Articolo di Alessandra Toni alessandra.toni@varesenews.it
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